TWILIGHT ZONE "Visions Of Freedom" (Recensione)


Full-length, Diamonds Prod.
(2022)

La formazione lucchese nasce nel 1993 per mano di Stefano Giusti (basso/voce), Cristian Angelini (chitarra) e Pierluigi Salvatori (batteria). Dopo molti anni passati nel più puro underground e dopo aver inciso una manciata di demo, la band pubblica nel 2014 il primo full-length, intitolato “…The Beginning”, che vede una band alle prese con un metal vecchio stampo che si rifà molto agli Iron Maiden (lo stesso monicker richiama una canxìzone della mitica Vergine di Ferro), e l'album viene ben accolto da critica e stampa specializzata. Passano altri otto anni e nel 2022 la band pubblica il secondo full-length, il qui presente “Visions Of Freedom”, che vede la band progredire da molti punti di vista, anche sotto il profilo della produzione, che risulta davvero buona. Vediamo anche altri cambi in line-up, con Stefano Giusti unico membro originale che viene affiancato dall’ottimo cantante Van Shieldon, dal chitarrista e tastierista Fabio ‘Lord Kain’ Bertini e dal batterista Francesco Bovecchi.

Il risultato di tutto questo è un album sempre devoto ai grandi nomi del metal, ma anche un album che a più riprese si prende degli spiragli più soft. Se le prime cinque canzoni (comprendendo anche l'intro "Nemesis") lasciano poco spazio a qualsiasi tipo di esperimento che si distacchi dal metal classico, con il culmine nella maideniana "Run But I Can't Hide" che sembra uscita dalle sessioni di "Powerslave" per la sua somiglianza con classici come "Aces High" o "Flash Of The Blade", dal sesto episodio intitolato "Reminescence" la band dà vita ad una seconda metà di album più votata all'epicità e a toni decisamente più tranquilli. Unico episodio davvero metal in questo finale di disco è "Warmongers", che richiama di nuovo gli Iron Maiden, ma che mostra un bel organo hammond in stile Deep Purple.

Un album in generale riuscito, ma che paga un po' in discontinuità e paga un lato B non all'altezza delle prime canzoni in scaletta, che viene salvato solo dall'ultima canzone in scaletta. Rimane una gemma come "The Laws of Denial", che sembrava far presagire un album di bel altro spessore, ma che poi si perde pian pianino, per rimanere su una sufficienza abbondante e meritata.
Un disco comunque ben suonato e prodotto e che farà la felicità di tutti i defenders che ci sono ancora in giro!

Recensione a cura di Mirco Innocenti

Tracklist:
1. Nemesis
2. The Laws of Denial
3. Freedom on My Skin
4. In the Eye of the Biggest Storm
5. Run but Can't Hide
6. Reminescence
7. Soul Reaper
8. Cloudwork
9. Vision
10. Warmongers

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